Ora però, da qualche tempo, nella comune esperienza dei giuristi e nelle stesse analisi della dottrina, la calcolabilità delle leggi non funziona più, a causa di una serie complessa di fattori, che vanno dall’elefantiasi legislativa all’esaurimento del diritto inteso come catalogo finito e precostituito di norme, allo sgretolamento della piramide gerarchica delle fonti, alla moltiplicazione di tipi differenti di regole e ai sempre più frequenti rapporti di osmosi tra diversi ordinamenti, all’affermarsi del sistema costituzionale con l’irruzione della centralità dei principi, e infine al deciso spostarsi del focus dell’esperienza giuridica dalla legislazione alla decisione giudiziale e al correlato trasferirsi dei criteri di decisione giudiziaria al di là e al di sopra della legge.
Giuseppe Zaccaria
Introduzione. Crisi della fattispecie, crucialità del caso, concetto di legalità
pp. 7-14
DOI: dx.doi.org/10.7382/93836
Il diritto – soprattutto se ha la sua fonte nella legge – può legittimare o stigmatizzare una condotta descrivendola tramite la costruzione di immagini standardizzate di vicende umane, le cosiddette fattispecie: definendo cioè connotati, condizioni, modalità, circostanze, in presenza delle quali una condotta e la relativa scelta si può definire come lecita o invece come illecita. Questa modalità di creare uno schema tipico, destinato a realizzarsi in un indefinito numero di casi, con cui il diritto ha lavorato per molto tempo, trasformando in casi giuridici i fatti concreti, ha il pregio evidente di garantire l’uniformità del trattamento tra casi simili, e quindi riconducibili ad una medesima classe, ma naturalmente ha anche delle controindicazioni quando si tratta di regolare decisioni e comportamenti che meritano (ad esempio per ragioni etiche) di essere considerati nella loro singolarità). Nella logica del diritto lo strumento della fattispecie e’ insomma ad un tempo utilissimo e inesorabilmente un po’ sommario.
Nel linguaggio giuridico italiano il termine “fattispecie” fu coniato e utilizzato tra i primi da Emilio Betti1, frutto di un calco del sintagma medievale species facti, per indicare ogni situazione di fatto che costituisca oggetto di una previsione e di una disciplina normativa, e che pertanto determini effetti giuridici. Ma già pochi anni dopo, nel 1934, Carl Schmitt condannava e irrideva la logica della fattispecie, capace, soprattutto attraverso le clausole generali, di cambiare l’intero diritto senza che alcuna legge positiva abbia bisogno di essere modificata2. Nel corso del tempo l’idea e la logica della fattispecie, che peraltro in qualche modo sono già sottese all’idea stessa di codificazione, divennero uno dei fondamenti essenziali della più alta tradizione scientifica (si pensi al mitico Tatbestand tedesco), in particolare costituirono uno strumento cardine della dogmatica giuridica, cui magistrati e avvocati hanno sempre fatto costante e abituale riferimento nei loro procedimenti argomentativi. La fattispecie è sempre stata lo strumento tramite il quale i giuristi hanno cercato di limitare l’incertezza e l’imprevedibilità. Contenendo la figura anticipatoria di ciò che accadrà3, essa rappresentava uno dei modi con cui si configurava quella che potremmo definire come la “pretesa impossibile” del diritto di calcolare e dominare il futuro e l’imprevedibile, attribuendo significato agli avvenimenti futuri.
Ora però, da qualche tempo, nella comune esperienza dei giuristi e nelle stesse analisi della dottrina, la calcolabilità delle leggi non funziona più, a causa di una serie complessa di fattori, che vanno dall’elefantiasi legislativa all’esaurimento del diritto inteso come catalogo finito e precostituito di norme, allo sgretolamento della piramide gerarchica delle fonti, alla moltiplicazione di tipi differenti di regole e ai sempre più frequenti rapporti di osmosi tra diversi ordinamenti, all’affermarsi del sistema costituzionale con l’irruzione della centralità dei principi, e infine al deciso spostarsi del focus dell’esperienza giuridica dalla legislazione alla decisione giudiziale e al correlato trasferirsi dei criteri di decisione giudiziaria al di là e al di sopra della legge. Tutto ciò – e in primis la centralità delle norme costituzionali – indebolisce mortalmente il concetto di fattispecie. Crisi della fattispecie significa, da questo punto di vista, difficoltà o incapacità di previsione normativa, criticità nel protendersi verso il futuro, di pre-vedere e di ingabbiare in uno schema impersonale e astratto ciò che potrà successivamente accadere.
Ma se la consapevolezza di tutti questi processi contemporanei appena richiamati, che spesso si presentano come fattori di crisi e di alterazione in alcuni degli elementi di base che reggevano l’intera impalcatura del diritto moderno, è divenuta ormai di senso relativamente comune4, le analisi dottrinali in materia invece ancora divergono e accendono discussioni e dibattiti che investono nodi centrali della nostra attuale esperienza giuridica.
Francesco Belvisi
Incertezza del diritto e determinazione dei fatti
pp. 15-30
DOI: dx.doi.org/10.7382/93837
Keywords: Facts Construction; Judicial Decision; Judicial Truth; Legal Certainty; Legal Uncertainty.
Tommaso Gazzolo
Il caso-limite e le funzioni dei concetti giuridici
pp. 31-48
DOI: dx.doi.org/10.7382/93838
Keywords: Hard Borderline Cases; Application of Law; Vagueness; Legal Interpretation; H. L. A. Hart.
Giovanni D’Amico
L’insostituibile leggerezza della fattispecie
pp. 49-70
DOI: dx.doi.org/10.7382/93839
Keywords: Legal Provision; Legal Case; Certainty/Predictability; Hermeneutics; Legal Positivism.
Guido Corso
Tra legge e fattispecie: la prospettiva del diritto amministrativo
pp. 71-90
DOI: dx.doi.org/10.7382/93840
Keywords: Principles; Facts; Norms; Administration; Lawsuites.
Judges decide lawsuits connecting a fact or an event of real life to a norm which foresees that type of fact or event in abstract terms. Against this traditional teaching many scholars of civil law think that courts judge today are applying principles, rather than norms: general principles of law or constitutional principles. Therefore they speak of a crisis of facts. The opinion of the author is that the new scheme cannot be applied to administrative law. Administrative powers are subject to the rule of law or principle of legality. Therefore they may be exercised only if a statute confers them to administrative authority, establishing conditions, limits, times and safeguards for the citizen. Direct and exclusive application of principles is not allowed when a dispute occurs between a public administration and a citizen. A decision founded exclusively on principles implies that judges have a power no more subject to legislation. This is why the author doubts that law suits governed by civil law know a crisis of facts.
Donato Castronuovo
Crisi della fattispecie e «nullum crimen»
pp. 91-110
DOI: dx.doi.org/10.7382/93841
Keywords: Legal Standards; General Clauses; No Punishment without Law; Foreseeability of Criminal Law; Criminal Law in Action.
Piero Gaeta
L’illusione della monade chiusa: primato del caso e crisi della tipicità penale
pp. 111-134
DOI: dx.doi.org/10.7382/93842
Keywords: Legal Provision; Legislative Reservation; Syllogism; Hermeneutics; Legal Interpretation.
Luigi Rovelli
Certezza del diritto: dalla legge all’interpretazione consolidata e possibile eterogenesi dei fini
pp. 135-146
DOI: dx.doi.org/10.7382/93843
Keywords: Legal Certainty; Legal Interpretation; Bindingness of Precedents; Hans Kelsen; Carl Schmitt.
Natalino Irti
La necessità logica della fattispecie (intorno a una definizione leibniziana)
pp. 147-152
DOI: dx.doi.org/10.7382/93844
Keywords: Legal Reasoning; Legal Provision; Legal Qualification of Facts; Legal Interpretation.
Dante Valitutti
Aporie del diritto penale internazionale. Un percorso teorico a partire dallo statuto della Corte dell’Aja
pp. 153-170
DOI: dx.doi.org/10.7382/93845
Keywords: Kelsen; Hobbes; Jakobs; Genocide; Effectiveness.
Susanna Crispino*
Interpretazione conforme al diritto europeo e internazionale in materia penale
pp. 171-196
DOI: dx.doi.org/10.7382/93846
* Il testo che segue costituisce il primo capitolo, quasi ultimato, della tesi di Susanna Crispino iscritta al dottorato di ricerca in “Internazionalizzazione dei sistemi giuridici e diritti fondamentali” presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi “Luigi Vanvitelli”; lavoro tragicamente interrotto dalla sua improvvisa scomparsa, il 4 marzo 2018, all’età di 28 anni. Il piano di lavoro, complesso e articolato, di cui qui anche si vuole dare conto, testimonia, assieme a questo capitolo, la maturità di ricerca di Susanna e la profonda passione che animava il suo lavoro. La sua pubblicazione in questo fascicolo di “Ars Interpretandi”, con il cui tema il lavoro di Susanna risulta coerente, vuole essere una testimonianza di stima e di affetto e un modo per ricordarla. I titoli dei paragrafi non coincidenti con l’indice generale sopra riportato sono frutto di una rielaborazione redazionale dovuta alla prematura interruzione dello scritto.
Recensione
Stefano Pietropaoli
P. Grossi, L’invenzione del diritto, Laterza, Roma-Bari 2017
pp. 197-200
DOI: dx.doi.org/10.7382/93847
I saggi raccolti in L’invenzione del diritto affrontano da angolature diverse il grande tema della «legalità costituzionale», di cui Grossi ripercorre la storia e, in particolare, la transizione oltre la modernità. Quest’ultima è interpretata come l’epoca dei magnifici ma astratti affreschi giusnaturalistici, completamente schiacciati sulla prospettiva del soggettivismo giuridico più intransigente. La legalità moderna è indelebilmente segnata da una ricerca disperata ed esasperante della volontà del legislatore. Soltanto nel corso del Novecento, grazie a un nuovo costituzionalismo, verrà ristabilita la priorità storica e logica della persona umana sullo Stato e la primazia del diritto sulla legge.