A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, l’ermeneutica giuridica si è imposta come una delle principali correnti della filosofia del diritto contemporanea, tanto in Italia quanto nel contesto internazionale. Il successo di questo indirizzo di ricerca ha radici complesse. Per un verso, l’ermeneutica giuridica ha avuto la capacità di fornire strumenti concettuali utili per comprendere le trasformazioni del diritto nella seconda metà del Novecento, strumenti che hanno fatto al contempo da catalizzatore per tali trasformazioni, contribuendo a modificare il modo di pensare dei giuristi. Per altro verso, sul versante più squisitamente filosofico-giuridico, l’ermeneutica ha percorso una via mediana tra la tradizione giuspositivista e quella giusnaturalista, mostrando i limiti della loro secolare contrapposizione e fornendo, al contempo, spunti per una loro rivisitazione.
Traendo spunto da un convegno tenutosi presso l’Università Bocconi e l’Università Statale di Milano nel dicembre del 2019, dedicato all’opera di Giuseppe Zaccaria, questo numero di “Ars Interpretandi” raccoglie una serie di contributi che si concentrano tanto sul rapporto tra ermeneutica e filosofia contemporanea, quanto al rapporto tra ermeneutica giuridica e le diverse branche del diritto positivo.
Damiano Canale, Vito Velluzzi
Introduzione
pp. 7-11
DOI: dx.doi.org/10.7382/98762
Se osserviamo il panorama contemporaneo, tuttavia, l’ermeneutica giuridica sembra, ad un primo sguardo, aver esaurito la sua funzione storica o perlomeno la sua capacità di far da traino al dibattito filosofico-giuridico. Molte delle acquisizioni dell’ermeneutica sono state metabolizzate dai giuristi, diventando patrimonio comune del sapere giuridico.L’impressione che l’ermeneutica giuridica sia incapace di dar conto dell’evoluzione del diritto contemporaneo, o di fornire ancora un contributo fruttuoso al dibattito filosofico e culturale, è tuttavia erronea. Proprio perché una delle chiavi di volta dell’ermeneutica risiede nel suo “pensare per problemi”, proponendosi come uno stile di indagine piuttosto che come un insieme di posizioni dogmatiche, questo indirizzo di ricerca continua ad offrire, tanto al giurista quanto al filosofo, percorsi di riflessione preziosi. Appare nondimeno oggi opportuno approfondire quale sia il lascito dell’ermeneutica novecentesca nella cultura filosofica, nella filosofia del diritto e nelle scienze giuridiche contemporanee, indicando al contempo quali indicazioni e stimoli questa tradizione di pensiero offra in prospettiva futura.
Vincenzo Omaggio
Ermeneutica giuridica e filosofia pratica
pp. 27-44,
DOI: dx.doi.org/10.7382/98764
The essay analyzes the relationship between hermeneutics and practical reason in the context of judicial judgement, which is realized in front of particular cases. The logic of modern State requires formalized knowledge, apart from the particulars, which relies on the general and abstract logic of the laws. This is required by the idea of separation of powers, by guarantee of citizens’ rights and political democracy. We must then ask ourselves: how is the link between the interpreter and the judges with laws established? The answer of contemporary german juridical hermeneutics is that this link is established as a form of perfecting (Fortbildung), not in the deductive form of a judicial syllogism. This idea of perfecting is not only a theory of interpretation, but it also contains a theory of law, based on the fundamental character of law, i.e. its positivity, captured not as a datum but as a process, the process of positivization.
Aldo Schiavello
Dalla svolta linguistica alla svolta interpretativa: ermeneutica giuridica e filosofia giusanalitica a confronto
pp. 45-66
DOI: dx.doi.org/10.7382/98765
The interpretative turn that characterized the legal philosophical debate in the last decades offers a privileged viewpoint to observe the dispute between legal analytical philosophy and legal hermeneutics. On one hand it is certainly true that the two traditions of thought have actually been converging for many years; on the other, it is worth noting that legal analytical philosophers are struggling to accept the interpretative turn and, as a consequence, to abandon the neutrality thesis peculiar of methodological legal positivism. Looking at the hermeneutics instead, its next step should be that of rejecting the one right answer thesis, with the awareness that it does not necessarily lead to surrender to arbitrary decisionism.
Ombretta di Giovine
L’attuale, il frainteso e il superato dell’ermeneutica penale nel contesto italiano
pp. 67-91
DOI: dx.doi.org/10.7382/98766
In the first part, after a very summary reconstruction of the general cultural context which highlights the specificity of the prevailing attitude in criminal law, we summarize the arguments for and against the entry of the hermeneutics address in this field. In the remaining parts, we test the force and the relevance of hermeneutic concepts. In particular, we try to explain: on one hand, the reason why the interpretation of the criminal law sometimes seems to unfold on the text no more of the laws but of the judgments, neglecting the so-called practise of principles; on the other hand, the reason why in many disciplines the text of the law has been overtaken by the fact.
Pasquale Femia
Ermeneutica dell’opposizione
pp. 93-110
DOI: dx.doi.org/10.7382/98767
Arguing about J.C. Dannhauer’s antithesis interpretatio/calumnia, the opposition hermeneutics focuses the interplay between textualization and closure. Every act of interpretation constitutes the intepretandum as an object. The closure of the interpreted text opens the way to multiple readings. The objectivity made by interpretation fulfills the fundamental quality of normativity: Ought as uprising against Being. Moving from the textual closure, legal hermeneutics translates in the social communication’s sphere what legal normativity has imposed as untranslatable. Ends up in a valid norm or not, any act of interpretation has propositional efficiency. The task of a renewed democratic hermeneutics is to safeguard the dignity of the defeated interpretation in the hermeneutic arena.
Andrea Gattini
Discriminazioni e interpretazioni nel diritto internazionale
pp. 112-124
DOI: dx.doi.org/10.7382/98768
A discourse on discriminatory rules or judicial discriminatory interpretation in international law is a delicate matter, because the idea of discriminatory rules or interpretations runs counter to two well established principles or mantra of international law,respectively the principle of equality between sovereign States and the common wisdom of the international judicial function as a value per se. The essay aims to demonstrate that in case of a discriminatory rule the international judge tends to re-equilibrate the relation between the parties recurring to various hermeneuticaltools, while in the case of a rule excluding discrimination, the international judge may be tempted to carve out a space of discretion in fixing the terms of comparison. As for a discriminatory interpretation of neutral rules, the article shows that while the phenomenon of an outright discriminatory interpretation as such is difficult to envisage, a large use of the technique of distinguishing permits the judge to exercise a large margin of discretion, which might finally lead to discriminatory results.
Giuseppe Zaccaria
La ragione dialogica dell’ermeneutica
pp. 125-150
DOI: dx.doi.org/10.7382/98769
This essay responds to the considerations and criticisms of legal hermeneutics raised by Vincenzo Omaggio, Lucio Cortella, Aldo Schiavello, Pasquale Femia, Ombretta Di Giovine and Andrea Gattini in this issue of Ars Interpretandi.
Carlo Nitsch
Dogmatica, poetica e storia. Ancora sul rapporto tra Betti e Croce
pp. 151-172
DOI: dx.doi.org/10.7382/98770
The one between Emilio Betti and Benedetto Croce is an important intellectual relationship, not yet sufficiently investigated. The article aims to contribute to such an investigation. First, through a reconstruction, in its developments, of the dispute between the two scholars, in the immediate aftermath of the publication of Betti’s lecture on Diritto romano e dogmatica odierna (1928), reviewed by Croce in 1930. Then, attempting to shed new light on an affair, well-known in its main features, perhaps not yet completely understood in its more specific theoretical implications.
Recensione
Marco Segatti
A. Lahav, In Praise of Litigation, Oxford University Press, Oxford 2017
pp. 174-176
DOI: dx.doi.org/10.7382/98771
Il saggio qui recensito contribuisce a una classica investigazione delle scienze giuridiche processuali, attorno alle funzioni, e in generale al valore, della giurisdizione (in particolare civile). Questo tema, non nuovo in assoluto, è stato recentemente rispolverato nella cultura giuridica e filosofica anglosassone1, con il dichiarato intento di offrire una prospettiva sulla giurisdizione in un certo senso opposta a una percepita narrazione dominante. Secondo l’a., la cultura giuridica occidentale (o comunque, quella anglosassone) avrebbe subito una radicale trasformazione nel corso degli ultimi decenni.
I processi, in particolare i processi civili, sarebbero stati presentati, e sempre più frequentemente percepiti, come un inutile (o, in ogni caso, eccessivo) dispendio di risorse pubbliche (e private), distolte ad attività più produttive e utili socialmente, da un gruppo sociale specifico (gli avvocati), impegnato a coltivare la litigiosità per meri interessi materiali. La giurisdizione è un costo – diretto, per chi vi partecipa e per lo Stato; e indiretto, perché distoglie risorse ad attività più produttive e utili socialmente. Ed è proprio per ridurre questi costi, che è opportuno aumentare il ricorso ai cosiddetti metodi alternativi di risoluzione delle controversie (come la mediazione o conciliazione); e, allo stesso tempo, dissuadere il più possibile il ricorso alla giurisdizione. In questo contesto, il saggio qui recensito si segnala per una risposta originale a questa narrativa.